Cappotto e fenomeni termoenergetici
La coibentazione esterna: Cappotto e fenomeni termoenergetici
La coibentazione termica a "cappotto" deve essere irrefutabilmente considerata parte integrante della connotazione tecnica di una facciata ventilata.
Questa soluzione di rivestimento esterno "a cappotto" può certamente ritenersi la più idonea, infatti, a risolvere il noto problema dei "ponti termici", cioè di quegli interstizi dovuti alle discontinuità geometriche ed alle differenti dilatazioni termiche dei diversi materiali impiegati nelle costruzioni, che portano inequivocabilmente ad una più o meno accentuata dispersione del calore.
In passato, questa eventualità veniva compensata, da parte dei Progettisti, con una maggiorazione della potenza termica calcolata, cosa che, alla luce delle vigenti normative in materia, non è più possibile.
Alla suddetta dispersione del calore attraverso i ponti termici vanno ascritti gli ineluttabili fenomeni di condensa nelle zone più fredde, con conseguente formazione di muffe.
Da questo quadro si può facilmente dedurre come la cappottatura del fabbricato debba essere considerata come parte integrante della tecnologia della facciata ventilata, nella quale, in sintesi, l’isolamento esterno “a cappotto” ha la funzione di correggere i ponti termici ed il paramento esterno ha, oltre che una funzione architettonica, la funzione, da un lato, di costituire uno sbarramento all'irradiazione solare e, dall'altro, quella di consentire la formazione di un'intercapedine studiata per lo scorrimento di una lama d'aria, ad effetto camino, finalizzata a mantenere asciutto l'involucro dell'edificio, che risulterà quasi ovattato in una sorta di microclima permanente.
Non è nostro compito valutare se sia migliore un isolamento in fibra di vetro, lana di roccia, polipropilene, polistirene o altri materiali.
Convinti per altro che sia utile fornire un quadro tecnico dei fenomeni termoenergetici, quanto meno ad uso e consumo degli addetti ai lavori, ai fini di una oculata e calcolata scelta di materiali e spessori, riteniamo utile riportare integralmente un saggio del Dr. Ing. Livio Mozzarella apparso su “Pareti ventilate” – Edizione Il Sole 24 Ore - su coordinamento del Dr. Ing. Prof. Angelo Lucchini.
Scrive l’Autore del saggio:
“La presenza di un canale ventilato, o per effetto camino (convezione naturale) o di una pressione differenziale dovuta all’azione del vento (convezione forzata), induce un meccanismo di scambio termico tra ambiente esterno, parete e ambiente interno alquanto complesso.
Per chiarire meglio il problema (fisico), si può fare riferimento a due pareti identiche aventi:
• lo stesso tipo di rivestimento esterno,
• la stessa dimensione dell’intercapedine tra rivestimento e parete o pannello posteriore,
• lo stesso spessore dell’isolante termico,
con la sola differenza che in un caso l’intercapedine sia chiusa (camera d’aria convenzionale) e nell’altro sia aperta verso l’esterno (parete ventilata).
La prima parete verrà indicata nel seguito come parete di riferimento.
Per la parete di riferimento la trasmittanza termica viene calcolata nel modo usuale, cioè secondo la norma UNI EN ISO 6946, come somma delle resistenze termiche dei vari strati, intercapedine compresa:
Il flusso termico specifico scambiato , in condizioni di regime stazionario, tra l’ambiente interno e quello esterno tramite la parete di riferimento è dato da:
con:
Il fattore di ripartizione dell’energia solare assorbita risulta infine essere dato da:
Per la parete con intercapedine ventilata l’equazione di bilancio energetico che esprime il flusso termico trasmesso dall’esterno verso l’interno risulta essere complicata dal trasporto di energia effettuato dall’aria che transita nel canale.
Per tale parete, il flusso termico specifico scambiato in condizioni di regime stazionario, tra l’ambiente esterno e quello interno, può essere scritto come:
con:
Tale formula mette in evidenza come occorre conoscere la portata d’aria nell’intercapedine, m, per poter definire compiutamente le prestazioni termiche della parete.
La portata dipende:
• dal campo di pressione attorno alla parete (azione del vento);
• dalle temperature, sia dell’aria, sia del canale (effetto camino), comprese le caratteristiche geometriche di quest’ultimo (perdite di carico);
e quindi risulta di determinazione alquanto complessa.
La formula precedente si può semplificare se la temperatura dell’aria esterna è prossima a quella operante esterna; in tal caso, si ha:
Il confronto fra le equazioni 2) (parete di riferimento), 3) e 7) mette in evidenza il fatto che una valutazione di differenza di prestazione tra parete con intercapedine ventilata e non, in termini di sola trasmittanza termica, è possibile solo nel caso semplificato e in assenza di radiazione solare, cioè fra la 2) e la 7).
In tali condizioni, più rappresentative del regime di conduzione invernale ed estivo, la trasmittanza equivalente espressa dalla 8) UVs risulta, per qualsiasi portata massica d’aria che si instauri nell’intercapedine ventilata, sempre maggiore di quella della parete di riferimento con intercapedine chiusa U0.
La conclusione immediata che si può trarre da tale analisi è che, in condizioni di progetto invernali, la parete ventilata, rispetto ad una parete identica ma con intercapedine chiusa, ha prestazioni termiche inferiori e più inferiori sono più cresce la portata.
Di conseguenza, l’isolamento termico, nel caso di parete ventilata, deve essere incrementato rispetto al caso di riferimento se si vogliono assicurare le stesse prestazioni.
In particolare, occorre incrementare la resistenza termica dell’isolante per:
• bassa ventilazione (qualche litro/s/m2) del 2-4%;
• media ventilazione (decine di litri/s/m2) del 6-8%;
• alta ventilazione (centinaia di litri/s/m2) del 10-12%.
Diverso è il comportamento della parete ventilata in condizioni di progetto estive, cioè in presenza della radiazione solare.
Infatti, in tal caso, le differenti prestazioni vanno valutate confrontando, tra parete ventilata e parete di riferimento e facendo riferimento al caso semplificato, sia la trasmittanza termica, UVs, sia il fattore di ripartizione dell’energia solare NI.
Mentre per il primo, UVs, vale quanto detto in precedenza per il caso invernale (UVs > U0 sempre), per il secondo si ha esattamente l’effetto opposto:
il fattore di ripartizione della radiazione solare assorbita per la parete ventilata, NI,V, è sempre minore di quello per la parete di riferimento, NI, ed è tanto minore quanto maggiore è la portata massica d’aria nella intercapedine ventilata.
Ciò vuol dire che il contributo della radiazione solare al flusso termico entrante è tanto minore quanto maggiore è la portata fluente nell’intercapedine, portando quindi una riduzione dei carichi termici estivi.
Riguardo all’isolamento termico, relativamente al regime estivo, si ha quindi che, a parità di portata, l’effetto di riduzione del flusso entrante cresce ovviamente al crescere dello spessore dell’isolante, ma in modo più che lineare perché a ciò corrisponde una temperatura media delle pareti del canale maggiore e quindi un maggior effetto camino e cioè si ha in realtà una portata maggiore di quella ipotizzata.
In conclusione si può dire che, adottando una parete ventilata, ad una necessità di un maggiore isolamento, richiesto per il mantenimento delle prestazioni termiche in regime invernale, corrisponde un miglioramento delle prestazioni estive oltre il naturale miglioramento legato alla presenza della ventilazione rispetto alla parete di riferimento.”
La normativa
Per quanto concerne la normativa riferita al problema del comportamento termico nelle pareti ventilate, l’Autore del saggio così procede:
“A tutt’oggi, l’unica normativa che affronta il problema del comportamento termico delle pareti ventilate, cui viene affiancato contestualmente quello delle coperture ventilate, è la règle Th-K 77 dell’Ente normativo francese CSTB (n.d.r.: Centre Scientifique et Technique du Bâtiment).
Nella stessa non viene tuttavia affrontato il problema nella sua completezza, ma è limitato al comportamento in assenza di irraggiamento solare.
Quindi si possono ricavare indicazioni solo per le condizioni invernali di progetto (dispersione termica massima valutata in assenza di radiazioni solari), mentre per il comportamento estivo si può desumere quello notturno della parete.
Il paramento geometrico caratterizzante, definito dalla norma, è il rapporto tra l’area totale delle aperture superiori ed inferiori di ventilazione (S) e l’altezza della parete (H).
Il suo significato fisico è da intendersi comem rapporto tra il termine che determina la quantità d’aria entrante nel canale e quello delle perdite di carico lungo lo stesso, vale a dire la sua altezza.
Il flusso termico scambiato tra interno ed esterno viene calcolato esclusivamente in funzione della differenza di temperatura tra aria esterna ed interna, cioè:
Pareti molto debolmente ventilate
Se il rapporto S/H risulta inferiore a 0,002 m2/m, il comportamento della parete viene assimilato a quello che si avrebbe in assenza di ventilazione. La trasmittanza termica della parete viene calcolata utilizzando la seguente equazione:
Pareti debolmente ventilate
Se il rapporto S/H è compreso tra 0,002 e 0,05 m2/m, la trasmittanza termica equivalente della parete risulta essere maggiore di quella calcolata nel caso precedente ed è fornita dalla:
il valore J, espresso in W/(m2K) è ottenuto:
• per 0,002 < (S/H) < 0,02 m2/m dalla lettura del grafico di fig.1;
• per 0,02 < (S/H) < 0,5 m2/m moltiplicando per 1.35 la lettura del grafico di fig.1
Per quanto concerne la determinazione della resistenza termica della lama d’aria, ci si riferisce alla tabella 2 (contenuta nella règle Th – K); tale valore è fornito in funzione della posizione della parete (orizzontale e verticale) e spessore dell’intercapedine; si distinguono, inoltre, tre casi in funzione delle proprietà emissive delle superfici che la delimitano.
Infatti, i materiali edilizi hanno caratteristiche di emissività che li rendono similabili al corpo nero, ma possono essere trattati, ad esempio, con fogli di alluminio che hanno caratteristiche basso emissive, al fine di ridurre gli scambi termici radiativi sulle superfici.
Pareti fortemente ventilate
Se il rapporto S/H è maggiore di 0,05 m2/m, il calcolo della trasmittanza termica equivalente va effettuato trascurando la presenza della parte esterna e supponendo che l’ambiente esterno si trovi in stato di quiete.
La U equivalente è calcolata quindi come:
con l’indicazione che per pareti verticali si ha: (1/h + 1/h1) = 0,22 m2 K/W, da cui, fissato hi , è possibile ricavare hi.
Qui si chiude il saggio dell’Autore citato, cui va il ns. plauso per la Sua chiarezza e per averci illuminato in una materia che, onde tradurla in pratica, richiede competenza e approfondimenti accademici.
Riteniamo con ciò di avere fornito un quadro di tutto rispetto circa l’importanza di considerare l’isolamento termoacustico quale parte integrante essenziale di una facciata ventilata che possa definirsi tale.
La scelta di un tipo di materiale di isolamento presume la conoscenza di nozioni basilari di fisica applicata alle costruzioni edili.
In particolare, le caratteristiche distintive di un isolamento termico, come si è visto, sono date:
• dal coefficiente di conducibilità termica a 20° C ed espresso con I(W/mK), che definisce la quantità di calore che fluisce attraverso 1 mc di materiale con una differenza di 1° C di temperatura tra interno ed esterno;
• dal grado di idrorepellenza e di impedenza al passaggio del vapore acqueo, espresso in µ(m);
• dal coefficiente di trasmittanza U(W/mK), che indica la quantità di calore ceduta dall’ambiente interno attraverso una superficie di 1 m2a temperature costanti e con differenza temperatura pari ad 1K
• dalla inattaccabilità da muffe, insetti, roditori, agenti atmosferici, spore batteriche ecc,
• dalla massa volumica e capacità di abbattimento del calore irradiato, dal grado di incombustibilità, ecc.
Dal punto di vista applicativo, ciò che maggiormente ci interessa è il sistema di posa migliore per eliminare quanto più possibile i cosiddetti "ponti termici" che si formano sempre in zone interstiziali, nei punti di congiunzione fra strutture diverse, come in corrispondenza dei giunti tra solette e tamponamenti e tra questi ed i pavimenti o tra tamponamenti e pilastri dell'edificio.
Risultano pertanto importanti: da un lato, l'uniformità di posa dei pannelli di coibentazione (che devono essere possibilmente battentati); dall'altro, un posizionamento a sbalzo della sottostruttura metallica rispetto alla coibentazione.
I disegni in formato dwg che Rossi allega alle sue offerte, quali proposte esecutive, tengono conto anche di questo aspetto, poiché siamo fermamente convinti che una buona coibentazione a cappotto sia pregiudiziale al perseguimento della destinazione funzionale, oltre che architettonica, cui si ispira il progetto di una facciata ventilata.
Si è calcolato che su nuove costruzioni una corretta progettazione ed un corretto isolamento possano ridurre il fabbisogno energetico fino ad ¼ rispetto a quello di vecchi edifici mal costruiti, mentre d’altro canto si è valutato che al calo di un grado della temperatura di riscaldamento necessaria consegua un risparmio del 6% sulle relative spese.
La verifica effettuata con il software Cepro, richiamato al capitolo “Verifica termoigrometrica e calcolo dei consumi energetici”, testimonia la veridicità dell’asserto ed i vantaggi proposti dalla tecnologia del sistema integrale “facciata ventilata + cappotto”.